- NATO-Russia: ci fu un impegno?
Si discute spesso dell’impegno preso o no dai vertici USA (e NATO) nei confronti dell’URSS in fin di vita e successivamente della Russia alla fine degli anni 80 e primi 90.
Questo impegno avrebbe previsto di congelare le frontiere della NATO alla situazione di allora; essendo scomparso il Patto di Varsavia antagonista della NATO, quest’ultima avrebbe potuto reinventarsi.
Certo non ci fu mai firmato un impegno chiaro “modello trattato” ma ci sono tracce che ne testimoniano.
Di fatto, poco importa dal punto di vista sostanziale alla lettura delle mappe, guardiamola e poniamoci due domande:
- come deve sentirsi la Russia?
- come reagirebbe gli USA se avesse in Messico e in Canada la presenza di un’alleanza militare da loro non controllata?
I paesi indicati con un punto nero hanno integrato la NATO dopo il 1990.
(Finlandia, Svezia, Lettonia, Estonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Croazia, Slovenia, Montenegro, Albania)
2- E vero che Putin all’inizio del suo primo mandato ha considerato di integrare la NATO?
Si, lo disse a David Hoffman nel Washington Post, il 05.03.200, rispondendo con un “per che no!”
Non ci fu nessuno seguito da parte NATO
3- E vero che Putin ha auspicato rapporti più costruttivi con l’Occidente, anche a favore della sicurezza globale?
Si, il 12 febbraio 2007 a Monaco di Baviera, nel suo intervento relativo alla sicurezza.
Nessuno seguito fu dato.
4- La Russia è una democrazia?
Sicuramente non come la intendiamo in Occidente. Lo dice lo stesso Putin – è una democrazia alla Russa – e non rispecchia i criteri occidentali convenuti. Ma converrebbe in primis interrogarsi sulla legittimità nostra a voler imporre a paesi di altre culture – vedere i risultati in medio oriente – nostri modelli politici, senza considerare storia, cultura, identità, spazi.
Converrebbe forse anche riposizionare nel loro contesto l’evoluzione dei paesi versus sistemi democratici. Prendiamo un esempio concreto: la Russia e gli USA, ecco brevi considerazioni di paragone che ci aiutano a ponderare i nostri giudizi.
La Russia è nata nella sua attuale configurazione geopolitica nel 1991, ha quindi 33 anni, nata sulle ceneri del comunismo di cui ha ereditato di un “passivo” di cultura politica, non ha alcun memoria di un passato cosiddetto liberale (come la Polonia e la Cecoslovacchia avevano),prima del bolscevismo c’era il regime autoritario dello Tsar, ha conosciuto 10 anni – gli anni 90 – di trauma quasi esistenziale per poi iniziare a ricostruire dal 2000 con l’arrivo di Putin al potere; una ricostruzione economica, culturale, politica, ma anche con tutti eccessi e limiti che possiamo constatare. Ma guardiamo gli USA:
Nate 248 anni fa, si è costruita sulla distruzione del popolo indiano e di una guerra civile, ancora nella seconda meta del secolo scorso impiccava “negri” agli alberi (pensiamo alla canzone di Billie Holliday Strange Fruits e a ciò che la cantante ha dovuto subire) e tuttora il colore della pelle fa correre rischio anche da parte delle forze dell’ordine. E anche una democrazia “costosa”: per diventare Presidente Obama ha dovuto spendere 1,3 miliardi di dollari (fonte True Numbers).
Quindi converrebbe dare più tempo alla Russia per assumere un percorso dal nostro punto di vista più democratico.
5- Possiamo confidare negli USA?
Al di là della macchina della “comunicazione” perfettamente oliata ed esemplare in funzione dal secondo dopoguerra, che presenta regolarmente gli USA come “modello”, “salvatore” e “difensore dei diritti” attraverso, ad esempio, la macchina hollywoodiana, vale la pena ricordare alcuni fatti attuali.
– all’indomani della Seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti, attraverso il Piano Marshall, hanno imposto all’Europa il proprio cinema e quindi la propria “narrazione”, talvolta associando direttamente la CIA al cinema (vedi Hitchcock)
– durante la Seconda guerra mondiale, i “liberatori” della Germania nazista persero 400.000 uomini, mentre 20.000.000 di russi morirono per le stesse ragioni senza mai ricevere il riconoscimento che meritavano.
– il 17 giugno 1971, il Washington Post, sulla scia del censurato NYT, pubblicò un rapporto che metteva in evidenza le menzogne, le implicazioni politiche e militari e il condizionamento dei media stranieri nei Paesi terzi sotto le presidenze di Kennedy, Johnson, Nixon, ecc…
– nel 2003 il generale Colin Powell alle Nazioni Unite mentì apertamente sull’esistenza di armi chimiche in Iraq per giustificare l’intervento militare.
– nel 2010 le rivelazioni documentate di Assange sono terrificanti -Wikileaks-.
– nel 2013 le rivelazioni di Snowden sono state ancora più terrificanti, in quanto hanno rivelato, tra l’altro, il controllo degli Stati Uniti sugli alleati europei.
Un esperto di Stati Uniti, cittadino dello stesso Paese, ha riassunto la situazione come segue: negli Stati Uniti basta ammettere una “malefatta” e scusarsi per promuovere il regolare svolgimento della vita democratica, ma questo non impedisce in alcun modo di rifarla.
Non bisogna mai dimenticare che, al di là dei bei principi, tutte le decisioni sono condizionate, qualunque sia la tendenza politica, da due formule: America first e Follow the money!
PS Cineteca: Wag the dog 1997, The Post 2017, Vice 2018.
6- Putin ha spesso evocato il non rispetto degli accordi di Minsk come spiegazione all’intervento militare in Ucraina a tutela delle regioni di cui gli stessi accordi Minsk dovevano in gran parte garantire i diritti, vero?
Per una generazione che non ha conosciuto guerre (forse dimenticando un può presto i bombardamenti in Serbia o le invasioni in Medio oriente) è legittimo condannare ogni forma di intervento militare, ma come l’abbiamo ricordato nella FQA 1,2,3 la fiducia tra Russia e Occidente era venuta a mancare.
Le dichiarazioni di Angela Merkel nel dicembre 2022 (FKF) e di François Hollande nel febbraio 2023 (registrazione) sono venute confermare purtroppo i timori di Putin, presentando gli accordi di Minsk come l’occasione di guadagnare tempo per armare l’Ucraina in previsione di una ripresa di controllo totale – accompagnata di una negazione totale dell’identità russa delle dette regioni – delle regioni all’est dell’Ucraina e della Crimea.
Il principio della la Crimea russa fu anche confermato dal Presidente Giscard d’Estaing – europeista più che riconosciuto – a più riprese.
Nota personale: a titolo di aneddoto ho visitato le cantine dello Tsar in Crimea e possedeva del Château d’Yquem della metà del XVIII secolo, a Yalta, luogo scelto tra l’altro, da Stalin per accogliere in Russia il Presidente americano e il Primo Ministro inglese alla fine della seconda guerra mondiale.
7- E possibile criticare Israele senza rischiare di essere tartassato da antisemita?
sembra difficile, se non impossibile ma nello stesso tempo sarebbe tempo di liberarsi della trappola – e vale per tutti – che consiste ad associare religione, popolo e Stato, qualsiasi possa essere la specificità e la storia delle dette Nazioni. Non esistono eccezioni, non dovrebbe esistere il “deux poids trois mesures”…
La storia ci insegna che resistenza e terrorismo sono spesso due facce della stessa medaglia, che l’attualità, per quanto terrificante, deve poter dare luogo allo studio di un percorso politico e storico, alle loro interazioni e all’individuazione di punti di non ritorno.
Quindi sì, dobbiamo essere in grado di criticare le azioni dello Stato di Israele e dei suoi leader, e dei loro sostenitori, proprio come faremmo con qualsiasi altra nazione. Le scorciatoie caricaturali – chi non è con me è contro di me – che consistono nell’etichettare chi lo fa come antisemita, hanno più probabilità di generare antisemiti che di combattere il loro atteggiamento inaccettabile.
Tra l’altro è anche perché Israele è il paese in medio oriente il cui sistema politico si apparenta di più alle democrazie occidentali che non può rivendicare un diritto di eccezionalità.
nota personale: ho visitato Israele numerose volte dagli anni 90. Tre osservazioni:
- è un paese dove installarsi se non ebreo è estremamente complesso,
- è un paese dove il trattamento degli palestinesi può fare pensare in alcune circostanze a ciò che mi fu descritto dall’apartheid in Sud Africa e
- Infine, forza è di constatare che negli anni 90 i territori occupati in Cisgiordania erano palestinesi con a macchia di leopardo colonie ebraiche, oggi dominanti sono colonie ebraiche che circondano ghetti palestinesi.
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